Copenhagen, primi anni 20. L’artista danese Gerda Wegener dipinge un ritratto del marito Einar vestito da donna. Il dipinto raggiunge grande popolarità e Einar inizia a mantenere in modo permanente un’apparenza femminile, mutando il suo nome in Lili Elbe. Spinto da ideali femministi e supportato dalla moglie, Elbe tenta di effettuare il primo intervento per cambio di sesso da uomo a donna. L’intervento avrà grosse ripercussioni sul suo matrimonio e sulla sua identità.

DURATA: 2:00'
GENERE: Drammatico, Biografico

Valutazione Pastorale
Succede per caso e poi, invece, quello che sembra un gioco, cresce fino a diventare un’attrazione sempre più pressante e difficile da reprimere. Einar è pittore, Gerda è pittrice, cercano di capire cosa sta succedendo e si arrendono solo di fronte alla evidenza di una impossibile marcia indietro.
La cornice della Copenaghen primo Novecento è spia della cifra stilistica e compositiva che caratterizza il film: una sorta di stile decadente impegnato ad affermare un tono di estrema eleganza e, quindi, di grande fascino emotivo.
Di fatto lo scivolare di Einar verso gli eccessi di Lili induce ad una trasformazione che tocca il versante del ‘bello e maledetto’, con accenti più da dandy che da provocazione personale. Hooper infonde colore vitale alle immagini ma qualcosa gli sfugge di mano, qualche manierismo di troppo sfugge al momento dell’operazione chirurgica e la lente agonia di Einer/Lili provoca commozione di circostanza. Senza tuttavia che ne risenta il livello comunque notevole di un’opera che fa dell’arte un veicolo di bellezza e consuma su se stessa/a la scommessa di una identità che chiede solo attenzione e giustizia. Sia pure, forse, in anticipo sui tempi.
Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.